La necropoli ellenistica di località S. Antonio
Назад La necropoli ellenistica di località S. Antonio

La necropoli ellenistica di località S. Antonio
La necropoli di località S. Antonio è stata scavata nel 1986-1987 ed è costituita da circa 30 tombe databili per lo più tra la metà del IV e il III sec. a.C., con l’unica eccezione di una sepoltura di epoca arcaica
La necropoli ellenistica di località S. Antonio [sale 2, 3, 4]
La necropoli di località S. Antonio è stata scavata nel 1986-1987 ed è costituita da circa 30 tombe databili per lo più tra la metà del IV e il III sec. a.C., con l’unica eccezione di una sepoltura di epoca arcaica; l’area funeraria si estende subito all’interno della cinta muraria. Nel Museo sono esposti i corredi di alcune delle tombe rinvenute.
La Tomba 3, con struttura a semicamera, è una delle più grandi (m 2,60 x 1,30 x 1,60 di profondità) tra quelle messe in luce. Il corredo (fig. 1) è costituito da cinque unguentari a vernice bruna, di cui uno di grandi dimensioni, da un piatto, una lucerna e una tazza tutti a pasta grigia, da un’olla acroma biansata, da un anello digitale in ferro con gemma incastonata e da un altro anello e alcuni chiodi in ferro. Particolarmente interessante è la presenza dell’anello con gemma incisa che raffigura una cornucopia, monile raramente attestato nei corredi messapici e probabile indizio dell’inumazione di un personaggio appartenente a una famiglia di rango sociale elevato. La mancanza di dati di scavo e di informazioni relative allo stato di conservazione della tomba al momento della scoperta non permettono di avanzare ipotesi sul numero di inumati deposti al suo interno. La fossetta ricavata sul fondo della cassa in posizione centrale, tuttavia, fa ipotizzare la presenza di riduzioni e quindi di un utilizzo multiplo della tomba. I chiodi rinvenuti possono essere attribuiti alla presenza di una struttura lignea (un letto?) su cui era deposto il defunto. Il numero degli oggetti di corredo presenti, forse troppo esiguo per le dimensioni della tomba, fa ipotizzare una violazione della sepoltura con l’asportazione di parte dei materiali. Per quanto riguarda la datazione, poiché gli oggetti conservati non sono omogenei da un punto di vista cronologico, è possibile pensare a più deposizioni avvenute tra il pieno III e il II sec. a.C., epoca a cui appartengono le ceramiche a pasta grigia. Inoltre, l’olla acroma biansata, che trova confronti con materiali di I sec. a.C., è riferibile a un’incinerazione aggiunta nell’ultima fase di utilizzo della tomba.
La Tomba 5, scavata nel banco roccioso (m 2 x 0,80 x 0,85 di profondità), con fossetta sul fondo forse per una riduzione, ha restituito un corredo (fig. 2) costituito da una trozzella con decorazione fitomorfa, un piatto e una lekythos di piccole dimensioni a vernice nera, una statuetta di una figura femminile in trono, una fibula ad arco semplice in ferro, un chiodo in bronzo e cinque chiodi in ferro. Gli oggetti rinvenuti appaiono sostanzialmente omogenei dal punto di vista cronologico e permettono di proporre una datazione della tomba tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C. Tuttavia, l’assenza dei dati di scavo e di analisi dei reperti osteologici non permette di stabilire il numero degli inumati.
La Tomba 7, anch’essa scavata nel banco roccioso (m 2 x 0,90 x 0,80 di profondità), si caratterizza per un corredo (fig. 3) costituito da un cratere messapico con decorazione a fasce e fitomorfa, una lekane a fasce che conteneva gusci di uova, uno skyphos a vernice nera di piccole dimensioni, una lucerna sempre a vernice nera e due chiodi in ferro. In assenza di dati relativi allo scavo e ai reperti osteologici rinvenuti, gli oggetti del corredo possono ipoteticamente essere attribuiti a un’unica deposizione databile all’ultimo quarto del IV-inizi del III sec. a.C.
La Tomba 11, sempre a fossa (m 2,20 x 0,90 x 0,90 di profondità), originariamente coperta da un lastrone, depredata prima dello scavo, ha restituito solo due vasi miniaturistici a vernice bruna e tre fibule, una in bronzo e due in ferro (fig. 4). I materiali si possono datare alla seconda metà del IV sec. a.C.
La Tomba 15, scavata nel banco roccioso e di dimensioni (m 2,40 x 1,30 x 0,95 di profondità) superiori alle sepolture adiacenti, presentava sul fondo una fossa di m 1 x 0,60 x 0,40 di profondità. L’assenza di dati di scavo e di riferimenti alla presenza di resti ossei non permette di avanzare alcuna ipotesi sul numero degli inumati e neppure i pochi oggetti rinvenuti forniscono informazioni in tal senso (fig. 5). Sono stati infatti recuperati un bacino, un piatto e un vaso miniaturistico acromi e una lucerna a pasta grigia. La fossa al centro della cassa fa pensare a un riutilizzo della tomba e alla stessa conclusione conduce l’ampio arco cronologico di datazione dei materiali, inquadrabili tra la seconda metà del IV e il II sec. a.C.
La Tomba 16, sempre scavata nel banco roccioso (m 2,20 x 0,90 x 0,95 di profondità) e con una fossa di piccole dimensioni sul fondo, è stata scoperta già violata e vi sono stati rinvenuti un’oinochoe a vernice nera sovraddipinta con decorazione vegetale in bianco e giallo, un kantharos a vernice nera, una fibula in ferro e un anello sempre in ferro (fig. 6). I materiali recuperati si datano tra la fine del IV e la seconda metà del III sec. a.C.
La Tomba 17, sempre a fossa (m 0,85 x 1,70 x 0,40 di profondità), ha restituito un limitato corredo (fig. 7) sfuggito al saccheggio dei clandestini e costituito da uno skyphos baccellato a vernice nera sovraddipinta, un kantharos biansato a pasta grigia, un anello digitale in ferro, con castone ellittico e gemma incisa, e tre chiodi in ferro. Anche in questo caso, come nella Tomba 3, spicca la presenza di un anello (fig. 8) con gemma di colore arancio scuro (corniola?), recante un’incisione parzialmente scheggiata in cui si riconosce un animale fantastico con parte superiore del corpo e testa di delfino (?). I pochi materiali conservati del corredo permettono solo di proporre la presenza di più deposizioni inquadrabili cronologicamente tra il III e il II sec. a.C.
La Tomba 23, anch’essa scavata nel banco roccioso (m 2,40 x 1 x 1,20 di profondità), è stata rinvenuta violata. Il corredo recuperato (fig. 9) è costituito da una lekanis a vernice nera sovraddipinta, una trozzella con decorazione fitomorfa, uno skyphos e due lucerne a vernice nera, un’oinochoe a vernice nera sovraddipinta, due vasi miniaturistici (uno a vernice nera e l’altro a vernice bruna), una fibula e un anello entrambi di ferro. La mancanza di dati relativi ai reperti osteologici impedisce di definire il numero degli inumati e avanzare quindi ipotesi sulla composizione dei corredi. Gli oggetti rinvenuti sono collocabili in un arco cronologico abbastanza ristretto, compreso tra la seconda metà del IV e gli inizi del III sec. a.C.
La Tomba 24, sempre a fossa (m 2,20 x 0,90 x 1,20 di profondità), presenta un corredo (fig. 10) comprendente un’oinochoe a vernice nera sovraddipinta in bianco con cigno e motivi vegetali, una trozzella di grandi dimensioni con decorazione fitomorfa e trozze a rilievo (raffiguranti una menade danzante con tirso e un satiro offerente su un lato, e due satiri, uno offerente e uno suonatore, sull’altro), una lekythos e un’oinochoe a vernice nera, una lekane con decorazione a fasce, una coppetta echiniforme monoansata acroma, un vasetto miniaturistico biansato a vernice bruna, una lucerna a vernice nera, una lucerna acroma, due anelli in argento, un anello e 10 chiodi in ferro. Il rinvenimento di questi ultimi rimanda alla presenza di una struttura lignea (letto?) su cui era forse poggiato il defunto. Una particolare attenzione merita la trozzella che, nonostante richiami per le caratteristiche morfologiche gli esemplari di fine IV-III sec. a.C., non trova confronti puntuali nei repertori noti né per i motivi decorativi, né per i medaglioni a rilievo sulle trozze. Dall’esame del corredo si può ipotizzare che la tomba contenesse una sola deposizione, con molta probabilità di un individuo di sesso femminile a giudicare dalla presenza della trozzella, da porsi cronologicamente tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C.
M.P. Caggia