Le necropoli di Ugento tra VI e I sec. a.C.
Назад Le necropoli di Ugento tra VI e I sec. a.C.

Le necropoli di Ugento tra VI e I sec. a.C.
Le più antiche tombe riferibili all’abitato messapico di Ugento, i cui corredi sono esposti nel Museo, risalgono al VI sec. a.C. e consistono in sepolture a sarcofago o a cassa di lastroni in calcarenite, che possono assumere anche dimensioni notevoli con una struttura cd. a semicamera.
Le necropoli di Ugento tra VI e I sec. a.C.
Le più antiche tombe riferibili all’abitato messapico di Ugento, i cui corredi sono esposti nel Museo, risalgono al VI sec. a.C. e consistono in sepolture a sarcofago o a cassa di lastroni in calcarenite, che possono assumere anche dimensioni notevoli con una struttura cd. a semicamera. All’interno delle tombe vengono deposti defunti inumati, accompagnati da corredi in ceramica e materiali metallici più o meno ricchi. In alcuni casi, le superfici interne delle tombe presentano semplici decorazioni pittoriche, per lo più costituite da motivi geometrici.
Le sepolture arcaiche e tardo-arcaiche (VI-V sec. a.C.) di Ugento mostrano, nel rituale del rannicchiamento e nella tipologia degli oggetti di corredo, sostanziali analogie con quelle degli altri centri della Messapia (fig. 1). Si può evidenziare che i corredi funerari delle tombe femminili della seconda metà del VI sec. a.C. si caratterizzano per la presenza di un’olletta con anse a nastro sormontanti prive di “trozze”, con decorazione geometrica, accompagnata da una coppetta monoansata (come nella Tomba 2 di località S. Antonio); tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C., all’olletta si sostituisce la trozzella con “trozze” non molto grandi e decorazione geometrica (come quella della “Tomba dell’Atleta”), che può anche essere accompagnata da una coppetta monoansata o da una lekythos aryballica, sempre con decorazione geometrica. I corredi maschili della seconda metà del VI sec. a.C. prevedono invece il cratere con anse a fungo e corpo globulare, inquadrabile nelle produzioni locali sub-geometriche, associato a coppe per bere, anche di importazione greca e magno-greca, come kylikes attiche a figure rosse di tipo C e coppe a vernice nera di tipo ionico B2 (come nella Tomba di località Armino), prodotte, queste ultime, nelle vicine città dell’arco ionico, come Taranto e Metaponto. Nei corredi databili nel corso del V sec. a.C. si afferma invece il cratere a colonnette, decorato a fasce (come nella Tomba di piazza R. Moro), che costituisce un’imitazione locale di modelli greci, i quali possono essere eccezionalmente attestati in sepolture di personaggi di rango particolarmente elevato (come il cratere attico a figure rosse della Tomba di via Aghelberto del Balzo). Nel complesso, l’analisi dei corredi funerari permette di stabilire che in epoca arcaica anche a Ugento, come in molti altri centri messapici, si avvia una progressiva stratificazione del corpo sociale, con l’emergere di un ricco ceto aristocratico, e che il centro era inserito in una rete di intense relazioni commerciali che interessava la Grecia e le colonie greche dell’arco ionico, prima fra tutte Taranto.
In età classica ed alto-ellenistica (IV-III sec. a.C.) le tombe mantengono la stessa tipologia della fase precedente (fig. 2); frequente è il riutilizzo delle tombe per più deposizioni, con i corredi e i resti osteologici delle più antiche che vengono raccolti e collocati o in fossette all’interno delle tombe stesse o immediatamente all’esterno di esse. I corredi ugentini di questo periodo rispecchiano quanto documentato anche in altri abitati messapici, con una prevalenza di ceramica acroma o decorata a bande brune o rosse di fabbricazione locale, accompagnata da prodotti a vernice nera e in stile di Gnathia, più raramente da ceramica a figure rosse di produzione apula. Per quanto riguarda le forme vascolari, fatta eccezione per la trozzella, prevalgono quelle di tradizione greca, tra cui alcuni crateri a campana che caratterizzano varie sepolture maschili di livello più elevato; i materiali in bronzo (soprattutto fibule e, in misura minore, cinturoni e strigili) sono piuttosto rari e anch’essi limitati a tombe riferibili a personaggi di rilievo, tra cui spicca la cd. “Tomba del Guerriero” di via Rovigo, che ha restituito un cinturone, una phiale e due strigili.
Un fenomeno che sembra caratterizzare alcune necropoli ugentine già in epoca alto-ellenistica, e che perdurerà nel II e forse anche nel I sec. a.C., è costituito dalle sepolture di neonati e infanti deposti su coppi (fig. 3). Queste sepolture, difficilmente databili per la scarsità dei materiali di corredo a essi associati (generalmente costituiti da vasetti miniaturistici e unguentari), sono state rinvenute o raggruppate all’interno di tombe a cassone e a sarcofago, come in via Peri, nelle fasi più tarde delle Tombe 8, 10 e 11, dove complessivamente se ne hanno 16, oppure sono state messe in luce, isolate o in gruppi, alloggiate in piccole fosse terragne e coperte con altri coppi o frammenti di grandi contenitori di terracotta; a oggi la loro presenza sembra circoscritta al settore occidentale dell’abitato e ad aree funerarie disposte lungo assi stradali.
I più recenti corredi esposti nel Museo risalgono infine all’epoca tardo-ellenistica, quando si assiste a un processo di graduale decadimento dell’abitato di Ugento che si riscontra anche dall’esame dei materiali rinvenuti nelle tombe, nelle quali risultano scarsamente oggetti di importazione e, a differenza delle fasi precedenti, non si evidenziano contesti particolarmente rilevanti e riferibili a personaggi di alto livello. Un’importante novità riguarda inoltre il rituale funerario, poiché tra II e I sec. a.C. si va progressivamente affermando la cremazione, estranea al rituale messapico e introdotta dopo la definitiva conquista romana della fine del III sec. a.C.; le sepolture consistono pertanto in incinerazioni contenute in ciste litiche o, molto più frequentemente, in olle di terracotta (coperte con grandi frammenti di coppi o con altri contenitori ceramici), che sono alloggiate in fosse terragne oppure all’interno di più antiche tombe a cassone o a sarcofago (fig. 4). Sembrano poi perdurare anche in questa fase le sepolture di infanti su coppi e quelle di bambini in fosse terragne.
G. Scardozzi