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La Cripta del Crocefisso

La Cripta del Crocefisso


Nella sala 3 del Museo è fruibile un’istallazione che consente la visita virtuale immersiva della Cripta del Crocefisso

La Cripta del Crocefisso

Nella sala 3 del Museo è fruibile un’istallazione che consente la visita virtuale immersiva della Cripta del Crocefisso, un luogo di culto medievale interamente scavato nel banco roccioso, all’interno di una cava coltivata già in epoca messapica, posto circa 1 km a nord del centro storico di Ugento. Essa, situata in un’area periferica del più antico abitato messapico, molto più esteso della cittadina medievale, faceva parte di un piccolo villaggio rurale. 
La cripta si trova al di sotto di una cappella di XVI-XVII sec. ed è oggi accessibile da nord-ovest attraverso una ripida scalinata, che presenta una copertura a botte chiusa da una lunetta affrescata con la Presentazione di Gesù al Tempio; alcuni interventi di scavo e restauro condotti nel 2004-2005 hanno messo in luce l’ingresso originario, aperto a sud-ovest e direttamente accessibile da un fronte della cava antica; esso si presentava fiancheggiato da alcune tombe a fossa di età medievale. La cripta ha una pianta trapezoidale (ca. 8,80 x 6-7 m) con copertura a volta (fig. 1), con altezza massima di ca. 2,40 m, sorretta centralmente da due colonne lisce in pietra calcarea (fig. 2). Sulla parete nord-orientale, di fronte all’ingresso originario si addossa un altare a blocchi seicentesco, forse, posto nello stesso luogo di quello medievale, mentre sulla parete opposta vi è una sorta di gradino-sedile. Nell’angolo formato dalle due pareti, in alto, è scavata un’apertura a bocca di lupo che fa entrare la luce solare esattamente da est. 
L’aspetto attuale della piccola chiesa ipogea è il risultato di una ristrutturazione avvenuta tra il XVI e il XVII sec., che comportò la chiusura dell’ingresso originario e la successiva apertura dell’attuale accesso. Venne inoltre abbassato il piano pavimentale di ca. 40-45 cm e furono aggiunte le due colonne in pietra calcarea, caratterizzate da capitelli decorati nella parte inferiore da quattro rosette a otto petali; si tratta di un motivo decorativo che ricorda quello presente su alcuni capitelli messapici, come quello che a Ugento sosteneva la famosa statua bronzea di Zeus. 
Le superfici dell’ipogeo sono quasi interamente rivestite da un ciclo pittorico realizzato in periodi diversi: una prima fase è datata al XIII-XIV sec. e risente ancora degli influssi della pittura bizantina, mentre una seconda, più tarda, risale al XVII sec. Gli affreschi raffigurano immagini sacre generalmente frontali e in atteggiamento ieratico, tra le quali grande rilevanza viene data alla figura della Vergine, che ricorre più volte. L’affresco più antico è un’Annunciazione presente sulla parete nord-occidentale (fig. 3): la Vergine è raffigurata con un velo rosso e un fuso nella mano sinistra, elemento in genere associato al tema della verginità, mentre la mano destra si leva verso l’Arcangelo Gabriele. Sulla stessa parete, ma più a ovest, un altro dipinto, piuttosto danneggiato, raffigura l’Arcangelo Michele, ad ali spiegate e con un ricco costume imperiale bizantino; ai suoi piedi vi è una donna in ginocchio che indossa una tunica rossa, identificabile con la committente dell’affresco. Nella parete principale, quella nord-orientale, al di sopra dell’altare seicentesco vi è una Crocifissione (fig. 4), dipinta nel XVII sec. nell’ambito degli interventi di ristrutturazione sopra descritti e che ha dato il nome alla cripta. Subito a destra è invece presente un affresco di XIV sec. raffigurante San Nicola, a mezzo busto, con il costume episcopale bizantino e in atto benedicente; il santo regge nella mano sinistra il libro dell’Evangelio decorato da una croce. Poco oltre si trova un semi-pilastro decorato sulla fronte da una croce greca in rosso, sormontata da un pavone (fig. 5), mentre all’estremità orientale della medesima parete è la raffigurazione di un Cristo Pantocratore (fig. 6) datato al XIV sec. e rappresentato con mano destra benedicente e sinistra che regge il rotolo della “Nuova Legge”.  Sulla parete sud-orientale della cripta, si trova dipinta la Vergine Eleousa (eletta) o Glikophilousa (della tenerezza) con il Bambino, che con dolcezza accosta a sé la testa del figlio (fig. 7); l’affresco, nel quale la forte definizione dei tratti somatici delle figure tradiscono un chiaro stile bizantineggiante, si data al XIII sec. A destra del pannello, in basso, vi è inoltre una figura, forse un donatore. Sempre sulla parete sud-orientale, ma subito accanto all’ingresso originario della cripta, compare poi un’altra raffigurazione di Vergine col Bambino, questa volta a figura intera e assisa in trono, caratterizzata da una tunica blu e da un velo ricamato con motivi floreali (fig. 8); con il braccio sinistro regge il Bambino mentre con la mano destra tiene il giglio, simbolo della purezza ma anche emblema del regno angioino. Un dettaglio molto particolare di questa raffigurazione, poco usato nell’iconografia classica, è l’anello con croce pendente che si vede al lobo dell’orecchio sinistro del Bambino e che potrebbe rimandare al nome dei committenti del dipinto, ovvero la famiglia Santacroce, originaria della Francia e giunta in Italia in epoca normanna. Accanto a quest’ultimo dipinto, i recenti restauri hanno messo in luce altre porzioni di affreschi nei quali si riconoscono l’immagine di un santo e quella di un committente inginocchiato.
Molto singolare nel quadro del programma pittorico delle chiese rupestri di questo periodo risulta la decorazione del soffitto, datata al XIII sec. Il repertorio figurativo è piuttosto insolito e fantasioso: si riconoscono scudi dipinti all’interno di spazi romboidali e triangolari (fig. 9) che sembrano descrivere una maglia, forse allusione al tendaggio di un accampamento militare. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che tale repertorio figurativo potrebbe essere dovuto alla committenza da parte dei Cavalieri Templari o dei Cavalieri Teutonici. Sempre affrescati sul soffitto compaiono stelle a sei o otto punte, di colore rosso e nero, oltre che motivi vegetali (come racemi, rosette, tralci ondulati e trifogli) e motivi zoomorfi, tra cui spiccano anche animali fantastici dalle forme più svariate (fig. 10), che simboleggiano il contrasto tra forze positive e negative e alludono al tema della morte e della resurrezione. In particolare, si riconoscono: una coppia di leoni rampanti, interpretati come custodi dello spazio sacro che segnano il passaggio dal mondo esterno alla zona consacrata; un pavone, simbolo cristologico contenente una promessa di immortalità, che si accinge a beccare un uccello (forse una gazza che generalmente ha una valenza negativa); un grifo, un’idra, un cinghiale maculato e una sfinge, creature fantastiche nate dalla contaminazione morfologica tra uomo e animale.
La mancanza di fonti storiche, che attestano l’appartenenza della cripta a Ordini Cavallereschi o Enti Ecclesiastici, ha suggerito piuttosto l’ipotesi che il luogo di culto possa essere stato realizzato a scopo funerario di una ricca famiglia locale. 

I. Miccoli