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Le tombe di IV-III sec. a.C.

Le tombe di IV-III sec. a.C.


Nel corso del IV sec. a.C. la costruzione della cinta muraria definisce in maniera molto evidente i limiti della città e in questo mutato assetto urbano appare chiara la presenza di aree adibite a necropoli anche all’interno delle mura, nelle zone libere dall’abitato.

Le tombe di IV-III sec. a.C.

Nel corso del IV sec. a.C. la costruzione della cinta muraria definisce in maniera molto evidente i limiti della città e in questo mutato assetto urbano appare chiara la presenza di aree adibite a necropoli anche all’interno delle mura, nelle zone libere dall’abitato. Le più estese aree funerarie vengono comunque a trovarsi quasi tutte ai margini della superficie racchiusa dalle fortificazioni, lungo assi stradali che uscivano da Ugento, in prevalenza all’interno ma anche all’esterno di esse.
Il nucleo principale dell’abitato di IV-III sec. a.C. continua a occupare, come in precedenza e nei secoli successivi, la collina di Ugento (fig. 1, A). A esso sono innanzitutto riferibili alcune limitate aree funerarie rinvenute nelle immediate vicinanze, in via Messapica e nell’area del Castello (fig. 1, nn. 54 e 56), alle quali era probabilmente pertinente anche una frammentaria stele rinvenuta nel 1914 nell’orto dell’ex Convento dei Frati Minori Osservanti (fig. 1, n. 55), oggi sede del Museo Archeologico, e recante un’iscrizione messapica lacunosa (MLM 9 Uz), datata tra la seconda metà del III e la fine del II sec. a.C., oggi conservata nella Collezione Colosso (fig. 2). Continua poi a essere utilizzata la necropoli alle pendici orientali della collina, in corrispondenza del Borgo lungo la via Salentina, dove resta in uso il sepolcreto che comprende la “Tomba dell’Atleta” (fig. 1, n. 62), vicino alla quale fu messa in luce una tomba a cassa di lastroni da cui venne recuperato solo un kantharos a vernice nera databile tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C. L’area funeraria si estendeva verso nord fino alla località Priore (fig. 1, nn. 62 e 63), sviluppandosi probabilmente in prossimità del tratto urbano della cd. via Sallentina, che collegava Ugento agli abitati messapici di Alezio (verso nord-ovest) e Vereto (verso sud-est); in questa necropoli, sono stati rinvenuti, rispettivamente nella prima metà dell’Ottocento e agli inizi del Novecento, una base in pietra leccese oggi al Museo Archeologico di Taranto (fig. 3), realizzata da maestranze tarantine alla fine del IV-III sec. a.C. e appartenente al segnacolo della tomba di un personaggio di rilievo, assimilato a un eroe grazie alla decorazione scultorea del manufatto (che prevede scene di combattimenti di fanti e cavalieri) volta a esaltare la virtus guerriera del defunto (fig. 1, n. 64), e la parte inferiore di un pilastro o di un altare recante un’iscrizione messapica funeraria (MLM 6 Uz) datata tra la seconda metà del III e la fine del II sec. a.C. (fig. 4), anch’essa oggi conservata nella Collezione Colosso (fig. 1, n. 61). 
Altre aree funerarie pertinenti allo stesso nucleo insediativo principale sono note nel settore nord-occidentale della collina, a nord-ovest della località Colonne. Alcuni gruppi di sepolture si trovano nella parte centro-meridionale dell’area in oggetto, in via Mazzini (fig. 1, n. 57) e via N. Armida (fig. 1, n. 58), dove una tomba a cassa di lastroni ha restituito pochi elementi di corredo databili tra la fine del IV-inizi III e la fine del III sec. a.C., e in quella nord-occidentale, in via Petrarca (fig. 1, n. 11) e via Verdi (fig. 1, n. 12); questi ultimi erano situati in prossimità di un asse stradale che si dirigeva verso la porta aperta lungo la cinta muraria in corrispondenza di via Petrarca, presso la quale si trovava probabilmente una necropoli: una tomba a cassa di lastroni databile al IV sec. a.C. è stata infatti rinvenuta subito all’interno della porta (fig. 1, n. 3) e un’altra della stessa tipologia è stata trovata ca. 40 m più a est (fig. 1, n. 4), lungo il lato meridionale della strada che l’attraversava; inoltre, un’altra tomba a cassa litica, il cui corredo non scende oltre la metà del IV sec. a.C., è stata scoperta in via Tasso, ca. 40 m a nord-ovest della porta, al di sotto del paramento esterno delle mura (fig. 1, n. 1).
Un altro sepolcreto era poi situato ancora più a nord, in località Mandorle, all’estremità nord-occidentale dell’area racchiusa dalle mura, in prossimità di un altro nucleo abitativo (fig. 1, B). In particolare, tombe a cassa di lastroni e a sarcofago datate al IV-III sec. a.C. si allineavano lungo la strada vicinale Mandorle (fig. 1, n. 8), che ricalca un asse viario antico. Altre tombe si trovavano poi sempre presso la stessa strada (fig. 1, nn. 9 e 10) e nelle vicinanze, in via Alighieri (fig. 1, n. 7), dove una sepoltura (fig. 1, n. 5) ha restituito un corredo databile tra la fine del IV e la prima metà del III sec. a.C., esposto nel Museo; inoltre, una tomba a semicamera obliterata dai resti di strutture abitative della fine del III sec. a.C. è stata rinvenuta in via Monsignor Pugliese (fig. 1, n. 6).
Nei territori pianeggianti posti alle pendici occidentali e sud-occidentali della serra sono state documentate varie aree funerarie più o meno estese, riferibili ai nuclei insediativi riconoscibili in questo settore della città. Partendo da nord, alcune tombe di IV-III sec. a.C. sono state rinvenute in via Aghelberto del Balzo (fig. 1, n. 21), dove continua a essere utilizzata l’area funeraria già in uso dal V sec. a.C., in località Vigne Vecchie (fig. 1, nn. 46 e 47) e in via Mare, dove nel 1956 è stata rinvenuta una tomba a sarcofago databile alla fine del IV sec. a.C. (fig. 1, n. 39), che ha restituito una epichysis e un piatto decorati a figure rosse, entrambi di produzione apula, e nel 1988 sono state messe in luce cinque tombe a sarcofago e a cassa di lastroni che hanno restituito corredi di III-II sec. a.C. (fig. 1, n. 45), una pertinente a un giovane inumato e le restanti quattro contenenti complessivamente 14 deposizioni di infanti su coppo. Queste aree funerarie si trovano tutte in prossimità di un nucleo insediativo (fig. 1, C) e di un asse viario antico che con andamento nord-ovest/sud-est correva alle pendici occidentali della collina di Ugento, collegando due porte aperte nella cinta muraria e situate in via Peri e in piazza R. Moro. Altri due contesti sepolcrali sono stati invece individuati un po’ più a est del percorso, lungo via Giannuzzi (fig. 1, nn. 23 e 48), il secondo dei quali però è in uso prevalentemente nel corso del II sec. a.C. Più a ovest, invece, tombe di età alto-ellenistica sono state scoperte in località Cupa (fig. 1, nn. 19 e 20), dove sono state messe in luce numerose sepolture di infanti su coppi genericamente datate tra III e II sec. a.C., e in via Corfù (fig. 1, n. 22), via Piave (fig. 1, n. 24), via Acquarelli (fig. 1, n. 25), via Bolzano (fig. 1, nn. 32, 33, 35 e 36) e via Mare (fig. 1, n. 38), tutte ubicate in prossimità di un altro asse viario all’incirca parallelo al precedente, mentre non molto distante è una sepoltura messa in luce in via Trieste (fig. 1, n. 37); tra le tombe di via Bolzano, ne spiccano due a cassa di lastroni rinvenute nel 1979 (fig. 1, n. 35), recanti corredi, esposti nel Museo, riferibili alla seconda metà del IV-inizi del III sec. a.C. (Tomba 1) e alla metà-fine del IV sec. a.C. (Tomba 2), entrambi caratterizzata dalla presenza della trozzella. 
Sempre in questo settore della città, necropoli più estese si trovavano poi lungo tracciati che uscivano da essa, in prossimità delle porte aperte nella cinta muraria, sia all’interno che all’esterno delle fortificazioni: in piazza R. Moro (fig. 1, nn. 40, 41, 42, 43 e 44), dove una tomba rinvenuta nel 1969 ha restituito un corredo, esposto nel Museo, datato alla fine del V-prima metà IV sec. a.C., recante anche un cratere a colonnette con decorazione a fascia di produzione indigena, lungo via Acquarelli (fig. 1, nn. 26, 27, 28, 29 e 30), dove è presente un sepolcreto in uso fino all’epoca tardo-ellenistica, e in via Peri (fig. 1, nn. 15, 16, 17 e 18), dove tra il 1965 e il 2008 sono state messe in luce tombe isolate e porzioni di un sepolcreto, in uso tra IV e II sec. a.C., che ha restituito anche tombe di infanti su coppi collocate all’interno di sarcofagi. Inoltre, a quest’ultimo sepolcreto dovrebbero appartenere anche una tomba a sarcofago messa in luce nel 2016 nella vicina via F.lli Molle, poco a ovest dell’incrocio con via Alighieri (fig. 1, n. 14), e un piccolo sarcofago indagato nel 1985 nel tratto di via Giannuzzi posto poco a nord-ovest dell’incrocio con la stessa via Peri (fig. 1, n. 13).
Passando all’area posta subito a sud della serra, dove è stato individuato un altro nucleo abitativo (fig. 1, D), alcune tombe a cassa di lastroni riferibili di IV-III sec. a.C. sono state rinvenute in prossimità del tracciato antico oggi ripreso da via Barco (fig. 1, nn. 52 e 53), mentre più a sud-ovest una necropoli si doveva estendere lungo il lato orientale di via vecchia Gemini, che ricalca anch’essa un antico asse viario, subito all’interno della porta aperta nella cinta muraria; qui, presso l’incrocio con via Rovigo, sono state messe in luce alcune tombe datate tra IV e il II sec. a.C. (fig. 1, nn. 49, 50 e 51), tra le quali spicca la cd. “Tomba del Guerriero”, inquadrabile tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C. e caratterizzata da un ricco corredo comprendente anche vasi nello stile di Gnathia e ceramica attica a vernice nera, bronzi (due strigili, un cinturone e una phiale mesomphalica) e un elmo a pileo in terracotta di tipo apulo.
Nei territori pianeggianti posti alle pendici sud-orientali della collina di Ugento, un’area funeraria doveva trovarsi in località Armino, dove era in rapporto con un ulteriore nucleo insediativo (fig. 1, E). Qui, le tombe (fig. 1, nn. 66, 67, 68, 70 e 73) erano ubicate prevalentemente in prossimità di un asse viario che dalla zona del Borgo lungo la via Salentina si dirigeva verso est, attraversando le mura in corrispondenza di una porta che si apriva in prossimità del punto in cui le fortificazioni raggiungevano l’attuale via Pastane e presso la quale doveva trovarsi il sepolcro a cui era pertinente il blocco iscritto rinvenuto poco più a nord (fig. 1, n. 74) e recante un’iscrizione messapica di III-II sec. a.C. a carattere funerario (MLM 11 Uz), oggi nei depositi del Museo. Inoltre, vanno anche ricordate una tomba rinvenuta in via D’Annunzio (fig. 1, n. 69), altre sepolture messe in luce in via Edison (fig. 1, n. 72), subito all’esterno delle mura, e all’angolo tra via Goldoni e la stessa via Edison (fig. 1, n. 71), immediatamente all’interno delle fortificazioni, dove nel 2010 sono state scoperte una piccola tomba in cassa litica e una sepoltura a enchitrismos di infante datate alla seconda metà del IV-inizi III sec. a.C.
Un’estesa necropoli di IV-III sec. a.C. si trovava infine all’estremità settentrionale dell’area racchiusa dalle mura, in località S. Antonio e Crocefisso, probabilmente riferibile al nucleo insediativo che si estendeva nella vicina località Porchiano (fig. 1, G). Le tombe, per lo più costituite da fosse scavate nel banco roccioso affiorante, con copertura costituita da lastroni di calcarenite, oltre che da sepolture a cassone, si estendevano prevalentemente tra il tracciato antico ricalcato da via Madonna della Luce, a ovest, in prossimità della porta con cui l’asse stradale attraversava le mura, e le fortificazioni stesse, a est (fig. 1, nn. 78, 79, 80, 81, 82, 83, 84 e 85); il sepolcreto, già in uso in epoca arcaica e classica, ha tra IV e III sec. a.C. il suo periodo di massimo utilizzo, con alcune tombe che restano in uso anche in epoca tardo-ellenistica. Alla medesima area funeraria possono forse riferirsi anche le tombe a cassone rinvenute poco più a sud, lungo via Madonna della Luce (fig. 1, nn. 75 e 76), mentre un’altra tomba, probabilmente coeva, è più a sud-est, in località Santisorgi (fig. 1, n. 77), subito all’esterno delle mura; inoltre, ulteriori sepolture isolate si trovano ai margini settentrionali (fig. 1, nn. 86, 87, 88 e 89) e meridionali di quest’area (fig. 1, nn. 59 e 60). 

G. Scardozzi


La tomba di piazza R. Moro-via Firenze [vetrina 2]

La tomba è stata rinvenuta nel 1969, in un’area posta tra piazza R. Moro e via Firenze, ed ha restituito un corredo composto da pochi oggetti (fig. 5), databile nella seconda metà del IV sec. a.C. Esso comprendeva un cratere a colonnette a fasce di produzione indigena e una serie di vasi miniaturistici, quali uno skyphos e una lekythos a vernice nera con corpo baccellato, un piattello e un boccaletto acromi, e un piccolo vaso situliforme con decorazione monocroma rossa, caratteristici dei corredi funerari messapici. All’interno della sepoltura è stata rinvenuta anche una fibula in bronzo di cui non è precisata la tipologia e che attualmente non è reperibile. L’associazione del cratere indigeno messapico, imitazione locale dei modelli greci, con la coppa potoria (in questo caso lo skyphos), conferma la consueta composizione che caratterizza i corredi funerari messapici relativi a questa fase cronologica.
A.C. Montanaro



La Tomba 1 di via Salentina [vetrina 2]

La tomba è stata rinvenuta nel 1970 in un’area ricadente all’interno del Borgo lungo la via Salentina, posto alle pendici orientali del centro storico. È costituita da una cassa litica (m 2,35 x 0,95 x 0,90 di profondità) rinvenuta già saccheggiata. L’unico elemento del corredo ancora presente all’interno, un kantharos a vernice nera con sovraddipinture paonazze, permette di proporre una datazione della tomba tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C. 

M.P. Caggia



Le Tombe 1 e 2 di via Gemini [vetrina 2]

La vecchia strada per Gemini probabilmente ricalcava un antico asse viario in corrispondenza del quale, nella linea della cinta muraria messapica, si apriva una porta: forse si tratta della via Sallentina che doveva uscire dall’area urbana attraverso questo passaggio. Una serie di rinvenimenti, effettuati lungo il lato orientale della strada, evidenzia la presenza di numerose tombe allineate, adiacenti ad altre zone funerarie, verosimilmente appartenenti a un’estesa necropoli utilizzata tra la fine del IV e il II sec. a.C. 
Nel 1985, presso l’incrocio tra via Gemini e via Rovigo, sono state individuate alcune sepolture, tra cui tre grandi tombe a cassa di lastroni in pietra calcarea, le quali hanno restituito corredi databili in un ampio arco cronologico che va dalla fine del IV alla fine del II sec. a.C., come sembra confermare la presenza di ceramica a pasta grigia. Il rinvenimento di vasellame databile tra IV e III sec. a.C. in associazione con le forme della ceramica a pasta grigia di avanzato II sec. a.C. suggerisce la presenza di più deposizioni all’interno della stessa tomba, con la riduzione delle più antiche per far posto a quelle più recenti, come è stato accertato nella Tomba 2.
La Tomba 1 era costituita da una cassa in lastroni di calcarenite intonacati all’interno (m 3,05 x 1,20), contenente un corredo (fig. 6) composto soprattutto da un cratere a campana e da uno skyphos con anse ad anello nello stile di Gnathia, il primo realizzato da officine tarantine, il secondo pertinente al “Gruppo di Alessandria”, ben documentato nei corredi funerari messapici di questa fase. A essi si aggiungono due lucerne a pasta grigia del tipo Esquilino, un oscillum, una fuseruola e una moneta di bronzo di età repubblicana, che sembrano datare il contesto tra l’ultimo venticinquennio del III e la prima metà del II sec. a.C. 
La Tomba 2 aveva le pareti formate da due filari sovrapposti di lastre (m 1,56 x 1,06), per un’altezza di ca. m 1,50 (quelle superiori con bordo arrotondato, aggettante verso l’interno), mentre il fondo era costituito dal terreno; qui si trovavano tre fossette, di cui solo una conteneva materiali appartenenti a una precedente sepoltura sottoposta a riduzione. I materiali rinvenuti (fig. 7) sono riferibili a una serie di forme e classi vascolari, peculiari dei corredi funerari messapici, quali un piatto a fasce, due vasetti miniaturistici biansati (uno acromo e uno decorato con una banda bruna), una lucerna a vernice nera e una a pasta grigia. Si aggiungono un’anfora da trasporto frammentaria, una moneta in bronzo di età romano-repubblicana e i frammenti relativi a un probabile piatto a pasta grigia. La presenza della moneta in associazione con forme della ceramica a pasta grigia inducono a datare il contesto tra la fine del III e la seconda metà del II sec. a.C. 

A.C. Montanaro


La tomba di via Mare [vetrina 3]

La sepoltura è stata scoperta nel 1956, presso l’incrocio tra via Mare e via Bolzano, e consiste in un sarcofago monolitico di pietra calcarea (m 2,10 x 0,80 x 0,85) con una copertura costituita da due lastroni (m 1,05 x 1,25) di grande spessore. All’interno della struttura, il defunto era collocato col cranio rivolto a nord-ovest, accompagnato da un corredo databile verso la fine del IV sec. a.C., comprendente soprattutto vasi miniaturistici e due pesi da telaio. Facevano parte di questo contesto anche due vasi apuli a figure rosse (fig. 8), da considerare oggetti di pregio. Il primo è una epichysis, una forma non particolarmente diffusa in Messapia, raffigurante un satiro che compie un’offerta votiva; essa è attribuibile al Menzies Group, un’officina della cerchia dei Pittori della Patera e di Ganimede che produce vasi di piccole dimensioni. Il secondo vaso è un piatto su cui è raffigurata una Amazzone danzante tra alberelli stilizzati, contraddistinta da un abbigliamento di tipo orientale riccamente decorato, che può essere assegnato a un ceramografo vicino all’Alabastra Group, un’officina che produce piccoli vasi ispirandosi alle opere del Pittore di Dario, databili tra il 340 e il 320 a.C. Questi materiali documentano la presenza a Ugento anche di ceramica apula della fase più recente e non solo di vasi riferibili al Protoapulo o all’Apulo Antico, che sono maggiormente attestati. 

A.C. Montanaro


La tomba di via Casarano [vetrina 3]

Nel 1992 in località S. Antonio, lungo il margine orientale della S.P. n. 72 per Casarano, è stata rinvenuta una tomba scavata nel banco roccioso (m 2,27 x 0,80 x 1,10 di profondità) riferibile alla necropoli già indagata nelle vicinanze nel 1986-1987 [vedi Necropoli di S. Antonio]. All’interno della cassa, trovata ancora coperta da uno spesso lastrone di carparo, era deposto un solo individuo in connessione anatomica. Sul fondo sono state individuate due fosse che contenevano i resti in riduzione di precedenti deposizioni e pochi frammenti di ceramica. Nella fossa centrale, profonda ca. 30 cm, insieme ai reperti osteologici vi erano quattro appliqués/fibule in terracotta con terminazione a protome di ariete (fig. 9), che non trovano confronti pertinenti in Messapia; si tratta di probabili riproduzioni in argilla di oggetti ornamentali, prodotti in Grecia in metallo prezioso. Il corredo della deposizione più recente (fig. 10) era costituito da una trozzella con motivi geometrici, un’oinochoe baccellata a vernice nera sopraddipinta, una lekanis a vernice nera, un piatto a fasce, due vasi miniaturistici, una lucerna a vernice nera. Gli oggetti rinvenuti permettono di datare l’ultimo utilizzo della tomba alla fine del IV-inizi del III sec. a.C.  

M.P. Caggia


La “Tomba del Guerriero” di via Rovigo [vetrina 4]

La sepoltura è stata rinvenuta nel 2005, in prossimità dell’incrocio tra via Rovigo e via Gemini, non lontano dalle Tombe 1 e 2 di via Gemini e sul medesimo allineamento. Si tratta di una grande tomba del tipo a cassa di lastroni in calcarenite (m 2,20 x 1,00), priva di copertura, al cui interno sono stati recuperati pochi resti scheletrici relativi alla deposizione di un individuo maschile adulto, adagiato sul terreno. Il defunto era accompagnato da un ricco corredo funerario, databile tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C., comprendente alcuni elementi di particolare pregio. La sepoltura, assieme alle vicine tombe di via Gemini, sembra appartenere a un’unica area funeraria, estesa lungo il lato orientale di un antico percorso, in parte ricalcato dalla strada moderna, che usciva dalle mura poco più a sud; la sua posizione apparentemente isolata rispetto alle altre tombe, sembra quasi voluta appositamente per creare un distacco e mettere in evidenza il differente e superiore prestigio sociale del defunto. 
Tra i vari materiali del corredo (figg. 11-12) spiccano soprattutto un elmo a pileo in terracotta di tipo apulo, a imitazione degli esemplari metallici ben attestati in Messapia, collocato presso la testa dell’inumato. Con ogni probabilità, a esso appartiene anche un sostegno di cimiero a forchetta in ferro, ripiegato ritualmente, corrispondente all’elemento terminale superiore dell’elmo, ossia il lophos con le piume, che veniva applicato come ornamento. Pur essendo di terracotta, tale copricapo assume un valore “simbolico” come indicatore di status sociale elevato, che trova esempi analoghi in altri contesti funerari messapici di rango riferibili alla seconda metà del IV sec. a.C. Il ruolo del defunto è poi evidenziato in maniera esplicita dalla presenza di oggetti in bronzo, quali un cinturone a placche in lamina di bronzo, con ganci configurati a corpo di cicala, disposto sul petto, un elemento dell’armamento piuttosto raro e riferibile esclusivamente a personaggi di elevato livello sociale, e una coppia di strigili. Tra i manufatti metallici spicca anche una patera ombelicata in bronzo con vasca decorata da nervature incise, rientrante in un tipo di origine vicino-orientale (la “lotus-bowl”), che costituisce l’unico esemplare documentato in Messapia. Per la forma e la decorazione l’oggetto si data almeno al V sec. a.C. ed è quindi più antico di almeno un secolo rispetto al corredo: con ogni probabilità, si tratta di un bene di grande prestigio utilizzato per le libagioni, appartenuto alla famiglia gentilizia, tramandato per generazioni e sepolto con questo esponente di spicco del gruppo.
Tra i materiali ceramici del corredo, distribuiti ai lati della deposizione, si distinguono alcuni vasi sovraddipinti policromi nello stile di Gnathia, come una pelike con un motivo floreale a palmette che inquadra un’oca o un cigno sovraddipinto in bianco e due skyphoi con anse ad anello decorati da motivi floreali e vegetali, forme particolarmente diffuse nei corredi funerari messapici di IV-III sec. a.C. e probabilmente realizzate da un’officina locale. A essi sono associati anche alcuni vasi a vernice nera, quali un piccolo kantharos baccellato nella parte inferiore del corpo, una lucerna e un piatto con decorazione impressa a rosette, palmette e ovoli, e una coppetta monoansata acroma. 
La presenza dei bronzi, piuttosto rara in questa fase cronologica così avanzata, e dell’elmo a pileo in terracotta di tipo apulo suggeriscono quindi l’elevato rango sociale del defunto, probabilmente un personaggio che ricopriva un ruolo di spicco, appartenente all’aristocrazia della comunità messapica ugentina. 

A.C. Montanaro


La tomba di Via Armida [vetrina 5]

Nel 2005, durante i lavori per la rete di metanizzazione tra via N. Armida e via Fratelli Molle, è stata individuata una tomba a cassa di lastroni già depredata. Gli oggetti di corredo rimasti all’interno, comprendenti due vasi miniaturistici a vernice bruna, una lucerna frammentaria a vernice nera, un anellino in bronzo, una moneta di età repubblicana e diversi chiodi in ferro (fig. 13), suggeriscono un utilizzo della tomba dalla fine del IV-inizi III fino alla fine del III sec. a.C.

M.P. Caggia



La tomba di via Alighieri-via Cilea [vetrina 5]

La tomba è stata rinvenuta nei pressi dell’incrocio tra via Alighieri e via Cilea, vicino a una struttura muraria datata a epoca ellenistica. La sepoltura, probabilmente già manomessa, ha restituito pochi elementi superstiti di un corredo databile tra la fine del IV e la prima metà del III sec. a.C., che consistono in un piatto a fasce e in un vasetto miniaturistico biansato. 

A.C. Montanaro


La necropoli di via Peri [vetrine 2, 5, 6, 7, 8]

La necropoli, situata alla periferia nord-occidentale dell’abitato antico, in prossimità della cinta muraria messapica, è stata individuata in momenti diversi sempre nel corso di lavori per la messa in opera di sottoservizi lungo l’asse stradale moderno; le prime sepolture sono state messe in luce nel 1965 e nel 1989, mentre il nucleo più consistente è stato indagato tra il 2004 e il 2005. All’interno del Museo sono esposti i corredi delle sepolture di maggiore rilievo.
    La Tomba del 1965 [vetrina 2] è stata individuata nel tratto in cui via Peri incrocia via Indipendenza. Si tratta di una tomba a cassa di lastroni (m 2,30 x 1 x 0,80 di profondità), rinvenuta saccheggiata, che ha restituito un corredo (fig. 14) costituito da un cratere a campana nello stile di Gnathia, con tralcio di edera e colomba in volo, una lekythos a figure rosse lacunosa di parte del corpo, una trozzella, una lekane a fasce, un piede di thymiaterion, un coperchio di anfora, un’ansa di cratere a colonnette e un peso da telaio. La frammentarietà di alcuni vasi è da attribuire all’attività dei clandestini che hanno asportato anche parte del corredo. Gli oggetti conservati possono essere attribuiti a più deposizioni inquadrabili cronologicamente tra i decenni finali del IV e la prima metà del III sec. a.C.
La Tomba 1 del 1989 [vetrina 7], costituita da una cassa di lastroni di carparo intonacati e decorati con fasce dipinte di colore rosso e blu (m 1,80 x 1), fu rinvenuta in prossimità delle mura messapiche. Al suo interno, oltre ai resti antropologici, è stato rinvenuto il corredo (fig. 15) composto da un’oinochoe a vernice nera sovraddipinta con testa femminile di profilo e capelli raccolti in un sakkos, una trozzella di grandi dimensioni con decorazione fitomorfa, una lekanis a vernice nera, un piattello a fasce, un’hydria miniaturistica, due coppette acrome e diversi chiodi in ferro. I materiali ceramici del corredo si collocano in modo molto omogeneo nel periodo compreso tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C.
La Tomba 4 del 2004-2005 [vetrina 5], a cassa di lastroni litici (m 2 x 0,90), era chiusa, sul lato settentrionale, da un muro a secco. Al suo interno sono stati rinvenuti i resti di un individuo giovane, ancora in connessione anatomica, e, all’estremità occidentale della tomba, quelli di un individuo adulto in riduzione. Il corredo, attribuibile all’ultima deposizione, è costituito da un bacino e un piatto a fasce, da uno skyphos miniaturistico e una lucerna a vernice nera e da un vasetto biansato a vernice bruna (fig. 16). Gli oggetti sono collocabili in un arco cronologico abbastanza ristretto compreso tra la seconda metà del IV e gli inizi del III sec. a.C. 
La Tomba 8 del 2004-2005 [vetrina 8], anch’essa a cassa di lastroni poggiati sul banco roccioso (m 2,20 x 1,20), aveva al suo interno più deposizioni. Una piccola fossa nel settore occidentale della tomba conteneva i resti in riduzione di un primo inumato; è stata poi identificata la deposizione di un individuo che superava tre anni di età e infine i resti di due infanti, ancora in connessione anatomica, di età compresa tra 0 e 1 anno, sistemati su coppi. L’intervento dei clandestini ha compromesso l’attribuzione dei singoli corredi alle diverse inumazioni. All’interno della cassa sono stati rinvenuti due piatti a fasce, quattro coppette a fasce e a vernice bruna, un kantharos a vernice nera, una tazza e sei unguentari a vernice bruna, un vasetto biansato e una lucerna a vernice nera (fig. 17). Tutti gli oggetti sono cronologicamente omogenei e databili tra la fine del IV e la prima metà del III sec. a.C.
La Tomba 9 del 2004-2005 [vetrina 8], sempre a cassa di lastroni di litici (m 2,60 x 1,30), è stata rinvenuta con il coperchio spezzato e crollato al suo interno. Due fosse, scavate nel banco roccioso di base, contenevano altrettante riduzioni. Nel settore orientale della tomba vi erano i resti di un individuo adulto mentre, nella parte occidentale, diversi oggetti di corredo di piccole dimensioni erano sparsi su tutta la superficie. Sono stati rinvenuti due piatti a fasce, una tazza biansata acroma, due coppette a pasta grigia, due lucerne a vernice nera e una lucerna acroma (fig. 18). L’insieme dei materiali recuperati e la presenza delle riduzioni suggeriscono un utilizzo della tomba per più deposizioni tra la fine del IV e la fine del II sec. a.C.  
La Tomba 10 del 2004-2005 [vetrina 8] differisce dalle deposizioni vicine per il diverso orientamento, ma è costruita con la medesima tecnica dei lastroni di carparo poggiati sul piano di roccia (m 2,26 x 1,25). La tomba, rinvenuta priva della copertura, conteneva i resti di un individuo in posizione supina e il corredo costituito da due piatti a fasce, una lucerna a vernice nera e un vaso miniaturistico biansato. A un più recente utilizzo della tomba sono riferibili le deposizioni su coppo di almeno sette infanti, rinvenute sconvolte insieme a un piatto a fasce, due unguentari a vernice nera e vernice bruna, un vasetto biansato acromo e un vago di collana in pasta vitrea (fig. 19). Purtroppo, il caotico stato di rinvenimento non permette di attribuire con certezza alle singole deposizioni gli oggetti di corredo recuperati, tutti databili tra la seconda metà del IV e il III sec. a.C. 
La Tomba 11 del 2004-2005 [vetrina 6], anch’essa con struttura in lastroni di carparo (m 2,20 x 1,20), è stata rinvenuta priva della copertura. All’interno è stata individuata la deposizione di una donna, adagiata sul piano di roccia, con un corredo costituito da una trozzella con decorazione fitomorfa, un’oinochoe a vernice nera con motivi incisi sul collo (fig. 20) e un piatto a fasce. A un successivo utilizzo della tomba sono riferibili, invece, diverse deposizioni di infanti, su coppo ed entro olla. La forte frammentarietà dei reperti osteologici e dei supporti ceramici non ha permesso di riconoscere il numero degli individui deposti. Solo per alcuni è stato possibile stabilire l’età anagrafica compresa tra 0 e 1 anno. Per quanto riguarda i corredi, non attribuibili alle singole deposizioni, sono stati recuperati tre piatti a fasce, un piatto acromo, una tazza biansata, una coppetta monoansata, cinque unguentari a vernice bruna, dieci vasi miniaturistici biansati (fig. 21), una lucerna acroma, due lucerne a pasta grigia (fig. 22) e un’olletta a pareti sottili. I materiali ceramici permettono di proporre un ampio arco cronologico di utilizzo della tomba che va dalla seconda metà del IV-inizi del III sec. a.C. fino alla fine del II-inizi I sec. a.C. 

M.P. Caggia


Le Tombe 1 e 2 di via Bolzano [vetrina 9]

Nel 1979, nei pressi dell’incrocio tra via Bolzano e via Bologna, sono state messe in luce tre tombe, una a sarcofago e due a cassa di lastroni di carparo; queste ultime hanno restituito corredi funerari databili tra la seconda metà del IV e gli inizi del III sec. a.C. 
Il corredo della Tomba 1 (fig. 23), inquadrabile tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C., è attribuibile a una deposizione femminile per la presenza della caratteristica associazione trozzella-lekane. Esso comprende una trozzella con decorazione a fasce e motivi vegetali (nel c.d. “stile misto”), assegnabile al Subgeometrico Messapico IIIb-c (350-250 a.C.), una grande lekane acroma, due vasetti biansati parzialmente verniciati di bruno e un piatto a fasce; a questi si aggiunge una coppia di vasi acromi, costituita da un piatto e un boccaletto monoansato. 
La Tomba 2 è del tipo a cassone (m 2,00 x 0,85 x 0,75) e le lastre che la compongono hanno uno spessore di cm 24-25; anche in questo caso, il corredo (fig. 24), databile tra la metà e la fine del IV sec. a.C., sembra appartenere alla deposizione di un individuo femminile adulto per la presenza di una trozzella con decorazione a fasce e motivi vegetali (nel cd. “stile misto”), attribuibile al Subgeometrico Messapico IIIb-c (350-250 a.C.). Erano inoltre presenti una lekythos ariballica apula a figure rosse, raffigurante una colomba accovacciata di profilo, realizzata in una bottega legata all’officina del Pittore di Dario (340-320 a.C.), e un gruppetto di ceramiche a vernice nera, comprendenti un piatto, una brocchetta con le pareti decorate da baccellature, uno skyphos, una lekythos ariballica baccellata e una lucerna. 

A.C. Montanaro