Ugento in età messapica, romana e medievale
Retour Ugento in età messapica, romana e medievale

Ugento in età messapica, romana e medievale
Sebbene sporadici rinvenimenti consentano di ipotizzare almeno una frequentazione del sito fin dal Neolitico e dall’Eneolitico, sicure testimonianze di un primo insediamento posto alla sommità della collina di Ugento, corrispondente alla sua parte meridionale, oggi occupata dal centro storico, si hanno a partire dall’età del Bronzo finale (XII-X sec. a.C.);
Ugento in età messapica, romana e medievale
Sebbene sporadici rinvenimenti consentano di ipotizzare almeno una frequentazione del sito fin dal Neolitico e dall’Eneolitico, sicure testimonianze di un primo insediamento posto alla sommità della collina di Ugento, corrispondente alla sua parte meridionale, oggi occupata dal centro storico, si hanno a partire dall’età del Bronzo finale (XII-X sec. a.C.); infatti, i resti di un piccolo villaggio di capanne risalente a questo periodo sono stati messi in luce nell’area del Castello e poco più a sud, in piazza S. Vincenzo (fig. 1). In seguito, un villaggio di capanne dell’età del Ferro sembra porsi in diretta continuità con quello dell’età del Bronzo finale, come attestano i rinvenimenti di impasti di IX-VIII sec. a.C. nell’area del Castello e di materiali ceramici di X-IX sec. a.C. da piazza S. Vincenzo, mentre nel vicino vico Milelli si è rinvenuto il battuto di una capanna a cui era associata ceramica a decorazione geometrica di fine VIII-VII sec. a.C.
L’abitato di età arcaica si sviluppa in diretta continuità con il villaggio dell’età del Ferro ed è caratterizzato da edifici in muratura che si sovrappongono alle capanne delle fasi precedenti. L’insediamento si estende in questa fase nel settore centro-meridionale della collina, dove, nella località significativamente denominata Colonne, si dovevano trovare una o più importanti aree sacre, come quella in cui era collocata la celebre statua bronzea di Zeus, realizzata da un artista tarantino nei decenni finali del VI sec. a.C. e originariamente collocata su una colonna innalzata in un recinto sacro. La principale necropoli riferibile a questo abitato era posta alle immediate pendici orientali della collina, nell’area del Borgo lungo la via Salentina, dove è stata rinvenuta la monumentale “Tomba dell’Atleta”, realizzata sul finire del VI e utilizzata fino agli inizi IV sec. a.C. La documentazione archeologica di epoca arcaica evidenzia la precocità dei contatti tra Ugento, da un lato, e Taranto e la Grecia, dall’altro, con l’acquisizione da parte delle élites locali di concezioni ideologiche e costumi tipicamente ellenici, recepiti grazie alle strette relazioni che dovevano intrattenere con i ceti aristocratici magno-greci e greci, in particolare corciresi.
Già in epoca arcaica, quindi, Ugento doveva costituire una delle più importanti città-stato della Messapia, governata da basileis con compiti civili e religiosi, oltre che militari. Per quanto riguarda poi l’età classica, va evidenziato come la forte presenza di manufatti di importazione tarantina soprattutto nella fase più recente (fine V-inizi IV sec. a.C.) della “Tomba dell’Atleta” siano la diretta conseguenza della penetrazione culturale di Taranto nella Messapia meridionale, che prosegue per tutto il IV sec. a.C. A ciò si affianca anche, sempre nella seconda metà del V sec. a.C., un intensificarsi dei rapporti con Atene, che in questa fase si interessa alla Messapia per la sua posizione strategica in ottica anti-tarantina e anti-siracusana e che emerge nei materiali di importazione attica rinvenuti nella stessa “Tomba dell’Atleta”, o in altri contesti funerari, come in quello di via Aghelberto del Balzo.
Il periodo compreso tra il IV e il III sec. a.C. sembra costituire la fase di massimo sviluppo dell’abitato messapico, che assume una struttura chiaramente definita ed è delimitato da un’imponente cinta muraria, probabilmente costruita alla metà o nella seconda metà del IV sec. a.C. racchiudendo una superficie di quasi 145 ettari, che fa di Ugento il più esteso centro della Messapia (figg. 2-3). L’area racchiusa dalle mura, che comprendeva un’ampia porzione della collina e larghe fasce pianeggianti poste alle sue pendici, era costituita non solo da aree insediative, ma includeva anche le necropoli; queste si trovavano generalmente ai margini dei nuclei abitativi e nelle zone periferiche della superficie racchiusa dalle fortificazioni, spesso lungo assi stradali che conducevano al di fuori dell’abitato, sia subito all’interno che all’esterno delle mura. Il nucleo principale dell’abitato messapico continua a occupare l’area del centro storico e quella subito più a nord (località Colonne), dove probabilmente erano ubicati anche edifici a carattere pubblico, sia civili che di culto, come quelli a cui dovevano appartenere gli elementi architettonici di IV-III sec. a.C., alcuni recanti anche iscrizioni messapiche, qui rinvenuti a più riprese a partire dai decenni finali dell’800; in quest’area sono stati inoltre individuati resti di un tessuto stradale piuttosto regolare che potrebbe risalire all’età ellenistica e che resterà in uso anche in epoca imperiale. Sempre sulla collina, un altro nucleo insediativo di IV-III sec. a.C., con le relative aree funerarie, deve aver occupato, stando alla documentazione archeologica disponibile, la sua porzione nord-occidentale (località Mandorle), attraversata da un asse viario che dall’area del centro storico procedeva verso nord; nelle zone pianeggianti alle sue pendici, invece, altri nuclei di abitato interni alle mura sono riconoscibili in località Armino (tra le attuali vie D’Azeglio, Fermi, Marconi e Volta), lungo un asse viario che, sceso dalla collina, procedeva verso est, alla base del pendio sud-orientale tra via Urso e via Barco, lungo una strada con andamento all’incirca nord-est/sud-ovest, in parte oggi ripresa proprio da via Barco, e alle pendici occidentali, sempre lungo un antico asse stradale, tra le attuali via Mare e via Monsignor De Razza. Qui sono stati anche rinvenuti due blocchi di fregio e architrave dorici, uno dei quali recante un’iscrizione messapica della seconda metà del III-fine II sec. a.C. forse contenente un atto pubblico e appartenente a un edificio civile o cultuale. Un’ultima area di abitato si estendeva in località Porchiano, nella porzione più settentrionale dell’area racchiusa dalle mura, in prossimità di un tracciato che usciva da Ugento in direzione nord e che oggi è ricalcato da via Madonna della Luce.
Dagli inizi del III sec. a.C. Ugento si trova, come gli altri centri della Messapia, a fronteggiare l’espansionismo romano, dapprima a fianco di Taranto e poi, dopo la caduta di quest’ultima (272 a.C.), nella guerra romano-sallentina, che si concluse con le vittorie dei consoli romani del 267 e del 266 a.C. Nei decenni successivi, la città, pur perdendo la propria indipendenza politica, conserva comunque una relativa autonomia interna grazie a un foedus aequum con Roma, che la vincolava a fornire a quest’ultima contingenti di fanti e cavalieri in caso di necessità; in questa fase Ugento mantiene caratteri culturali ancora tipicamente messapici e nei decenni finali del III sec. a.C. emette anche una monetazione bronzea con leggenda AO, probabile abbreviazione di AOZEN, in cui è da riconoscere la denominazione messapica del centro, riadattato nel toponimo greco Οὔξεντον, attestato più tardi da Tolomeo (Geogr., III, 1, 67). A tal proposito, va ricordato come l’etnico Αὐζαντῖνος/Ἀζαντῖνος sia attestato in due iscrizioni greche di III-II sec. a.C. rinvenute a Delo.
Il contrasto con Roma si acuisce nuovamente con la guerra annibalica, quando gli Uzentini, come ricordato da Livio (XXII, 61, 11-12), dopo la battaglia di Canne (216 a.C.) defezionano dall’alleanza con i Romani passando dalla parte dei Cartaginesi. Tuttavia, la riconquista romana di Manduria e di Taranto già nel 209 a.C. ha come conseguenza anche la fine dell’autonomia per Ugento, che poco dopo deve essere stata attaccata e conquistata dai Romani. Questi, come evidenziato anche dai recenti scavi archeologici in località Cupa, obbligano la città a demolire le proprie mura, che, quindi, a partire dal II sec. a.C. vengono progressivamente smantellate, trasformandosi in estese cave di materiale lapideo, a cui si è continuato ad attingere ancora nel corso del Medioevo e dell’epoca moderna; inoltre, dopo la conquista romana la città potrebbe aver subito l’imposizione di un tributo e la confisca di parte del territorio.
Nel complesso, il II sec. a.C. si caratterizza a Ugento per la presenza sia di elementi di continuità con il periodo precedente sia di cesure. Tra i primi, vanno annoverati la persistenza dell’uso della lingua messapica e l’emissione di una seconda serie monetale, che segue il sistema ponderale romano, ma mantiene la leggenda messapica OZAN; un importante cambiamento riguarda invece il rituale funerario, poiché da questo momento si va progressivamente affermando la cremazione, estranea al rituale messapico e introdotta dai Romani. Il processo di romanizzazione sembra poi divenire più consistente dopo la guerra sociale (90-88 a.C.), quando a Uzentum potrebbe essere stato conferito lo status di municipium; tale ipotesi troverebbe conferma in una frammentaria iscrizione di fine I sec. a.C. o inizi I sec. d.C. che forse menziona un quinq(uennalis), quindi un magistrato municipale in carica per cinque anni. Tra II e I sec. a.C. l’abitato sembra mantenere sostanzialmente la struttura della fase precedente (con il nucleo principale che occupa il settore centro-meridionale della collina e altri nuclei secondari nelle zone circostanti), sebbene alcune aree periferiche tendano già a destrutturarsi, secondo un fenomeno che appare più evidente nel corso dell’età imperiale; le necropoli, inoltre, si collocano ora più decisamente nelle aree periferiche. In generale, sebbene Ugento mantenga una certa importanza e un ruolo centrale di controllo del territorio circostante, nella tarda età repubblicana sembra interessato da un processo di graduale decadimento, avvenuto anche come conseguenza della progressiva “marginalizzazione” del Salento peninsulare dalle più ampie dinamiche di circolazione del mondo romano; ciò emerge anche dai corredi funerari, da cui sono assenti materiali di importazione e nei quali, a differenza delle fasi precedenti, non si distinguono contesti particolarmente rilevanti e di alto livello riferibili a un ceto aristocratico ancora forte e dinamico.
Le presenze archeologiche di epoca imperiale documentano una progressiva contrazione delle aree occupate dall’abitato e una probabile ruralizzazione di alcuni settori del territorio compreso all’interno di quello che era stato il circuito delle mura messapiche, in particolare di quelli posti alle pendici occidentali della serra. Le fonti letterarie non forniscono particolari informazioni su Ugento, mentre tra le fonti itinerarie è significativo che la Tabula Peutingeriana (VI, 5-VII, 2) riporti Uzintum insieme a pochi altri centri posti a sud di Lecce-Lupiae, ovvero Otranto, Castro, Nardò, Alezio e Vereto, a dimostrazione del fatto che il centro rivestiva ancora una certa importanza nell’assetto territoriale del basso Salento; in particolare, Ugento compare lungo la strada tra Taranto e il Capo di Leuca, la cd. via Sallentina, interposto tra Balesium e Veretum, entrambi distanti X miglia.
Come nelle fasi precedenti, il nucleo principale dell’abitato comprende l’area del centro storico e quella subito più a nord, ma è possibile che tra la media e la tarda età imperiale l’insediamento si sia contratto verso sud. Altri due nuclei abitativi, in stretta prosecuzione con la fase precedente, si trovano poi alle pendici nord-orientali della collina, in località Porchiano, e più a sud, in località Armino, dove in questa fase è presente un complesso realizzato con grandi blocchi parallelepipedi di calcarenite, in parte anche rivestititi con intonaci dipinti; a esso sono pertinenti una grande cisterna sempre a blocchi e con rivestimento in cocciopesto (fig. 4), costruita in età tardo-repubblicana/primo-imperiale e rimasta in uso fino alla media età imperiale, e almeno un pavimento musivo. Alcune aree funerarie sono state individuate alle periferie di questi due nuclei; tra esse spicca una piccola necropoli di età tardo-antica, con sepolture a fossa e a sarcofago, messa in luce in località Crocefisso, in prossimità di un’area che ospiterà un esteso sepolcreto medievale.
In epoca alto-medievale l’abitato si concentra all’estremità meridionale della collina, nella zona oggi occupata dal centro storico, su una superficie di poco superiore ai 4 ettari (fig. 5). Nei secoli successivi alla caduta dell’Impero Romano, il Salento meridionale rientra dapprima nei possedimenti ostrogoti e successivamente in quelli bizantini, venendo interessato solo marginalmente dalle vicende della guerra greco-gotica; in seguito, intorno all’876, i Saraceni dell’emiro di Bari Sawdān distruggono Ugento. Una ripresa edilizia si ha poi con i Normanni, ai quali si deve anche l’edificazione del primo nucleo del castello nell’XI sec., all’estremità settentrionale dell’abitato (fig. 6); questo viene poi ampliato nei secoli successivi, in particolare dagli Angioini, assumendo progressivamente l’aspetto attuale, che è frutto delle ristrutturazioni operate tra la metà del XVI e quella del XVII sec.; tra la seconda metà del Seicento e il Settecento, poi, i Marchesi d’Amore, divenuti proprietari del castello, lo trasformano in una residenza gentilizia con l’eliminazione di gran parte delle strutture difensive. Nel Medioevo l’edificio aveva una precisa collocazione strategica, su un rilievo che gli consentiva di controllare un’ampia porzione di territorio e allo stesso tempo proteggere l’abitato sul lato meno munito di difese naturali; infatti, a est, sud e ovest, le mura che delimitavano l’insediamento, lunghe circa 800 m e munite di due porte (una aperta a nord-est e l’altra a sud-ovest, verso il mare, denominate nel Settecento rispettivamente “Porta del Paradiso” e “Porta di S. Nicola”) correvano lungo il ciglio del pianoro posto alla sommità della collina, che qui si eleva di 10-15 m rispetto al terreno posto alle sue immediate pendici.
Alla fine del XII sec. si ha la prima attestazione della Diocesi di Ugento, ma è incerto se essa abbia un’origine più antica e risalga ai secoli precedenti la distruzione dell’876. Alle pendici orientali della collina, sotto la diretta protezione del castello, si va sviluppando anche un borgo esterno, lungo la via Salentina, subito a nord del quale, tra le attuali via Garibaldi e la S.P. per Casarano, si estendeva un quartiere produttivo di XIII-XIV sec. con fornaci per ceramica. A nord del centro storico, lungo l’attuale via Ercole, si estendeva poi una necropoli con sepolture in fosse terragne, la quale si sviluppava probabilmente in prossimità di un tracciato che da “Porta del Paradiso” procedeva verso nord. Alle pendici sud-orientali della serra, inoltre, altre strutture murarie di epoca medievale sono state individuate lungo via Barco, dove sono stati messi in luce i resti di un vasto edificio in uso tra il XII-XIII sec. e il XIV sec., comprendente magazzini e un impianto artigianale con fornaci. Infine, circa 1 km a nord dell’abitato, in località Crocefisso, era presente l’omonima Cripta, una piccola chiesa ipogea risalente almeno al XIII sec., attorno alla quale in epoca medievale esisteva un’ampia necropoli; connessa a un insediamento rupestre situato poco più a nord, l’edificio rupestre sfruttava un affioramento di calcarenite risparmiato da una cava in uso già in epoca messapica e si trovava lungo uno dei principali tracciati che da Ugento si dirigevano verso Settentrione.
G. Scardozzi